Percezione uditiva: attraverso i suoni riusciamo a comunicare con il mondo circostante.

La qualità di questo scambio dipende sia dall’ambiente dove avviene la propagazione sonora sia dalle particolari

caratteristiche del nostro sistema uditivo.

“Dobbiamo scegliere un posto nel quale la voce possa attenuarsi soavemente e non ritorni per riflessione in maniera tale da portare un significato indistinto all’orecchio”.

Vitruvio (sec. II a.C.)

Se si fa l’esperienza di entrare in una sala anecoica come quelle normalmente utilizzate per ricerche e misurazioni nel campo dell’acustica, non si può fare a meno di sentire un forte disagio. L’assenza completa di rumori esterni insieme all’attenuazione dei suoni prodotti all’interno — dovuta alla completa mancanza di riflessioni dalle pareti, dal soffitto e dal pavimento — crea una sensazione di oppressione, di disagio; la percezione uditiva viene alterata e si fa fatica a riconoscere ed accettare anche la propria voce. In tali estreme condizioni acustiche, infatti, il suono arriva all’udito interno non per normale conduzione aerea, attraverso la membrana del timpano, ma soprattutto per trasmissione ossea, attraverso la mandibola e le ossa del cranio.

L’esperienza dell’ascolto nella camera anecoica mette in evidenza due importanti caratteristiche dell’ambiente acustico in relazione all’uomo: la prima, è la nostra capacità innata d’identificare con grande precisione l’ambiente acustico grazie unicamente al nostro senso dell’udito; la seconda, riguarda l’importanza delle caratteristiche acustiche di questo ambiente nel determinare una situazione di comfort o al contrario di disagio al suo interno. È chiaro che una sala anecoica rappresenta un caso estremo riscontrabile solo in situazioni create artificialmente. L’altro estremo dello spettro acustico, per quanto riguarda la presenza di rumori, è dato dagli ambienti con un alto inquinamento acustico. Un esempio tipico è rappresentato dalle grandi mense aziendali, dove, nelle ore di punta, risulta quasi impossibile mantenere una conversazione agevole.

Per quanto riguarda, invece, le riflessioni ed il tempo di riverberazione (il tempo di permanenza di un suono nell’ambiente dopo essere stato emesso) — che è l’estremo opposto delle camere anecoiche — può essere ben rappresentato dai grandi ambienti in pietra o muratura, come, ad esempio, le chiese o le cattedrali, dove i suoni si mantengono a lungo, confondendosi tra di loro e compromettendo in modo considerevole l’intelligibilità del parlato.

Alcune di queste caratteristiche della propagazione del suono negli ambienti erano già note nei tempi antichi, così come la preoccupazione di migliorare l’habitat umano da questo punto di vista. Lucrezio, nel primo secolo a.C., infatti, diceva: “Ma se lo spazio che intercorre è più lungo del dovuto, le parole… saranno confuse… percepite in modo non distinguibile nel loro significato”, anticipando, in modo chiarissimo, il concetto dell’intelligibilità del parlato all’interno degli spazi acustici. Alcuni casi documentati evidenziano, inoltre, l’importanza di questa ricerca dal punto di vista storico.

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fig. 1 Athanasius Kircher, Musurgia Universalis,schemi di percorsi del suono.

Come esempio paradigmatico si può apprezzare nell’illustrazione del libro di Athanasius Kircher, Musurgia Universalis, del 1650 (fig.1) la riflessione del suono in ostacoli multipli (responsabile del cosiddetto pitch o colorazione di ripetizione), e la convergenza ottenuta grazie alla curvatura delle pareti che delimitano lo spazio acustico, analizzata in un’approssimazione geometrica (anticipazione approssimativa del cosiddetto ray tracing). La comprensione dell’insieme di caratteristiche che determinano la qualità acustica di un ambiente rappresenta ancora oggi un problema molto difficile che coinvolge intere discipline della conoscenza scientifico-tecnologica. La produzione e la propagazione del suono negli ambienti, i fenomeni d’interferenza, riflessione ed assorbimento, la fisiologia dell’apparato uditivo e la psicoacustica, sono solo alcuni dei campi coinvolti. Questa complessità del problema che oggi comporta la necessità di un approccio multidisciplinare è stata riconosciuta anche nei tempi passati.

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fig. 2 Athanasius Kircher, Musurgia Universalis, rappresentazioni anatomiche degli ossicini dell’udito medio di diversi animali.

Nell’illustrazione del libro di Kircher (fig. 2) possiamo apprezzare uno dei primi intenti di approccio sistematico, volto a capire l’anatomia dell’apparato uditivo; gli ossicini dell’orecchio medio di diversi animali sono disegnati con grande accuratezza; basti menzionare, per avere un’idea delle difficoltà nelle ricerche anatomiche, che il più piccolo dei tre ossicini dell’udito medio è anche il più piccolo osso del corpo umano (staffa) e pesa in media solo 2,5 milligrammi, cioè circa la millesima parte di quanto possa pesare una normale capsula di antibiotico. Le piccole dimensioni sono necessarie per diminuire l’inerzia del sistema che deve vibrare molto velocemente, fino a circa 20.000 volte al secondo, per le frequenze più alte che siamo in grado di percepire. D’altra parte, questi ossicini compiono un’importante missione consentendo il massimo trasferimento di energia tra le vibrazioni in aria della membrana timpanica e quelle nei fluidi fisiologici all’interno della coclea.

Nonostante queste importanti anticipazioni, è solo grazie ai recenti progressi nella comprensione della diffusione del campo acustico, dei meccanismi fisiologici che determinano la percezione dello stesso, degli aspetti legati ai nuovi materiali e alle tecniche architettoniche per il design acustico, che è stato possibile prendere atto dell’importanza del comfort acustico come fattore determinante della qualità di vita all’interno degli ambienti abitativi, di studio e di lavoro, e attuare di conseguenza le possibili misure di progettazione e d’intervento indirizzate alla sua ottimizzazione.

La qualità di un ambiente acustico dipende, in primo luogo, dalle sensazioni che sono eccitate dai diversi tipi di sorgenti sonore, come ad esempio, la musica, il parlato o le diverse categorie di rumori, che vengono determinate dalla risposta dell’ambiente stesso e dalla fisiologia del nostro sistema uditivo. Sebbene già Teofrasto, nel primo secolo a.C., avesse capito che la percezione del suono doveva partire dall’udito per arrivare al cervello, come dimostrano queste sue asserzioni: “L’ascolto dipende dalla penetrazione del suono fino al cervello… l’orecchio è unito fisicamente all’aria, e dato che è nell’aria, l’aria dentro è mossa in accordo con l’aria che è fuori”, solo recentemente sono stati messi in evidenza alcuni dei più complicati meccanismi del sistema uditivo. Ad esempio, si è scoperto che nell’udito interno alcuni neuroni specializzati, chiamati cellule ciliate esterne, hanno una doppia funzione: da una parte riescono a produrre segnali nervosi (di tipo elettrico) quando vengono piegate dal movimento dell’organo del Corti, all’interno della coclea (funzionano cioè come normali microfoni che convertono i movimenti meccanici in segnali elettrici) e, nello stesso tempo, possono funzionare esattamente al contrario, flettendosi quando ricevono un impulso nervoso, cioè agendo come piccoli altoparlanti. Questi piccolissimi motori sono distribuiti lungo la coclea in tre file parallele raggiungendo circa le 15.000 unità. Attivandosi secondo le caratteristiche del suono in arrivo, possono modificare localmente il comportamento della coclea, ottimizzando così la risposta dell’udito per far percepire nel modo migliore suoni che possono variare enormemente sia in ampiezza (intensità) che in contenuto spettrale (frequenze che li compongono). Nella figura 3 si può apprezzare una microfotografia di queste straordinarie cellule insieme ad uno schema del loro funzionamento. Cellule che sono microscopiche, non visibili quindi a occhio nudo, con ciglia che hanno un diametro parecchie volte minore del corpo della cellula stessa. Ancora più sorprendente è il fatto che gli estremi di queste minuscole ciglia siano legati da molle biologiche circa 100 volte più piccole delle ciglia stesse. Quando queste molle vengono messe in tensione rilasciano delle sostanze chimiche in grado di produrre una contrazione automatica del corpo cellulare ad una velocità che può arrivare a diverse migliaia di volte al secondo (seguendo le oscillazioni del suono in arrivo).

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fig. 3 – a) Schema dell’organo del Corti all’interno della coclea; le cellule ciliate interne ed esterne (in proporzione numerica di 1:3) sono le responsabili della trasduzione dell’energia meccanica di vibrazione dei fluidi cocleari in impulsi nervosi, funzionando ambedue come microfoni biologici; in più, e grazie anche alle loro connessioni efferenti, le cellule ciliate esterne possono funzionare come altoparlanti, cioè, come piccoli motori che riescono a modificare localmente il comportamento dell’organo del Corti; in questo modo si possono amplificare suoni molto deboli che diventano udibili anche se le vibrazioni associate sono nell’ordine delle dimensioni atomiche; i suoni molto forti possono invece essere attenuati dando al nostro sistema uditivo un range dinamico di oltre 120 dB. Le cellule ciliate esterne sono anche responsabili della grandissima sensibilità frequenziale dell’udito dei mammiferi (l’abilità nel distinguere tra suoni acuti e suoni gravi che si possono disporre in una scala musicale). b) microfotografia dell’organo del Corti dove si possono vedere le cellule ciliate interne ed esterne e le loro ciglia sensibili alle torsioni meccaniche. c) microfotografia e schema delle minute molle biologiche che collegano le ciglia tra di loro; quando queste molle vengono tese, viene rilasciata una sostanza chimica che provoca la contrazione automatica del corpo cellulare

Questo meccanismo rappresenta la risposta più veloce che esiste nel nostro organismo ad uno stimolo, e potrebbe competere con i più complessi circuiti elettronici per la sua capacità di processare i suoni. Se si pensa che dall’integrità di queste delicatissime cellule dipende, in buona misura, la qualità del nostro senso dell’udito, si può comprendere immediatamente i danni che un ambiente acustico non idoneo può recare al nostro orecchio. Per di più, le cellule ciliate esterne, come del resto tutti i neuroni del nostro corpo, non si riproducono, pertanto una volta che ne muore una si produce un danno irreversibile alla nostra capacità di ascolto.

Va anche detto che alcuni meccanismi legati al funzionamento di questo delicato sistema non sono ancora noti e pertanto sono oggetto delle più recenti ricerche. Ad esempio, si comincia a capire solo ora che le non linearità dell’udito non rappresentano una fonte di distorsioni, come è stato sempre ritenuto nel campo dell’alta fedeltà, bensì sono un aspetto fondamentale dei meccanismi uditivi intimamente legato alle loro strabilianti prestazioni. Il principale effetto delle non linearità in qualsiasi sistema di elaborazione del segnale è la generazione di frequenze che non si trovano nell’entrata del sistema. Un esempio particolarmente interessante nel caso dell’udito è rappresentato dal cosiddetto fenomeno della fondamentale mancante o percezione del residuo. Grazie a questo effetto è possibile ascoltare musica da un piccolo riproduttore MP3 nonostante la presenza di frequenze basse sia praticamente inesistente.

Queste, infatti, sono rigenerate a livello del sistema uditivo ed è stato dimostrato recentemente come tale proprietà sia un fenomeno legato alle non linearità di tipo attivo presenti nell’udito come quelle che si trovano a livello delle cellule ciliate esterne (il cosiddetto sistema attivo di retroazione).

Diversi agenti possono provocare danni al nostro delicato organo dell’udito, tra i quali, sostanze ototossiche come alcuni antibiotici, oppure infezioni o traumi e, soprattutto l’esposizione a suoni intensi per lunghi periodi di tempo. Nella figura 4 si può notare l’effetto sulle cellule ciliate esterne di un’esposizione prolungata a rumore intenso che può portare alla menomazione e anche alla distruzione delle cellule stesse o di intere sezioni dell’organo del Corti.

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fig. 4 Microfotografia che illustra il danno prodotto alle cellule ciliate esterne dall’esposizione a rumore intenso; si possono vedere alcune ciglia piegate, altre fuse tra di loro, ed altre, mancanti, che sono state completamente distrutte.

Senza arrivare alla distruzione delle cellule, l’esposizione al rumore può provocare anche affaticamento sensitivo che si traduce in un innalzamento transitorio della soglia uditiva, vale a dire, in una diminuita sensibilità dell’ascolto che si può tradurre in un aumento della difficoltà nel comunicare verbalmente. Nella figura 5 si possono vedere le curve d’innalzamento della soglia uditiva per diverse intensità e tempi d’esposizione. Questi fenomeni ci introducono nel secondo aspetto che riguarda il comfort acustico, quello della percezione a livello psicofisico, cioè, a livello delle sensazioni di tipo soggettivo che vengono prodotte nel sistema nervoso centrale. Alcuni di questi attributi percettivi sono di particolare importanza per la percezione negli ambienti, come ad esempio: l’intensità soggettiva o loudness, il timbro (effetti di coloritura), la spaziosità, la localizzazione spaziale (effetti binaurali).

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fig. 5 Effetto dell’esposizione a rumore intenso nel caso reversibile. Nella parte sinistra la soglia uditiva si innalza fino ad un valore massimo di reversibilità ATS (Asymptotic Threshold Shift) raggiunto con legge asintotica. Quindi nella parte destra, dopo l’interruzione dell’esposizione al rumore, si osserva il graduale recupero.

Altri due fenomeni legati alla psicoacustica, di particolare importanza per la localizzazione spaziale e per l’intelligibilità del parlato, sono: l’effetto di precedenza o de Haas, ed il cocktail party effect. Il primo riguarda la nostra capacità di eliminare, dal punto di vista percettivo, le versioni ritardate di un suono che arrivano nel nostro orecchio come riflessioni del suono originale (questo effetto ci consente di mantenere la nostra capacità di localizzazione spaziale all’interno di ambienti anche molto riverberanti). Il secondo, invece, si riferisce alla nostra capacità di ascoltare la voce di un interlocutore anche in ambienti dove si sovrappongono altri rumori e conversazioni come, per esempio, in una riunione animata.

Questo effetto si contrappone al mascheramento, nel quale un suono “mascherante” interferisce negativamente su di un altro, alzando la sua soglia di percezione. L’influenza delle condizioni acustiche nei vari tipi di ambienti in relazione alla loro abitabilità, quello che potremmo chiamare il comfort acustico, è un tema che sta acquisendo sempre più importanza, anche alla luce delle nuove conoscenze sul nostro udito sia a livello fisiologico che psicologico e grazie pure alle nuove tecnologie per l’analisi del campo acustico.

Abitazioni, ma anche scuole, uffici, spazi condivisi, possono essere considerati ambienti non critici in contrasto con quelli considerati tradizionalmente spazi specializzati come teatri e luoghi per le performance musicali. Se da una parte, infatti, viene accettata la necessità di avere una consulenza sull’acustica specializzata per gli spazi che possiamo chiamare critici, risulta sempre più evidente che, oggi, ogni tipo di spazio sia da considerare uno spazio acustico e che è necessario avere dei criteri di design e di intervento per garantirne il comfort acustico. Va anche sottolineato che la linea di frontiera tra queste due tipologie risulta sempre meno definita.

Un esempio significativo viene rappresentato dagli Home Theater per i quali si punta a raggiungere le prestazioni acustiche tipiche delle sale cinematografiche ma in normali ambienti abitativi. Il comfort acustico, inoltre, non solo rappresenta un aspetto importante per la qualità della vita, ma è anche fattore di particolare influenza pure nella produttività associata alle diverse attività condotte negli ambienti di lavoro e di studio. Oggi, si sa con certezza che ambienti inadeguati dal punto di vista acustico possono influire negativamente sull’apprendimento scolare arrivando a creare problemi di comportamento e anche patologie da stress. Anche nell’ambiente di lavoro risulta molto importante la qualità acustica.

Un’analisi condotta dal Center for the Built Environment (CBE) at U.C. di Berkeley in 15 luoghi diversi di lavoro in ambiente compartato con 4.096 intervistati (fig. 6), mette in evidenza infatti come il comfort acustico occupi l’ultimo posto tra tutti i parametri che determinano le condizioni generali di qualità abitativa (come comfort termico, qualità dell’aria ecc…). Tuttavia più del 60% degli intervistati considera che un’acustica degli ambienti non adeguata interferisca negativamente sulla loro capacità di portare a termine correttamente il lavoro.

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fig. 6 Studio condotto dal Center for the Built Environment (CBE) dell’U.C. di Berkeley, sul grado
di soddisfazione relativo a differenti parametri all’interno di uffici open space: la qualità dell’acustica risulta
il peggiore. Oltre il 60% degli intervistati ritiene che interferisca negativamente sulla loro capacità di portare
a termine il proprio lavoro.

È chiaro che rimane ancora molto da fare nell’impiego di nuove conoscenze nel campo dell’acustica e dei nuovi materiali per l’edilizia che possono essere utilizzati per migliorare queste condizioni abitative. Attualmente, anche importanti innovazioni nel design di nuove automobili riguardano questo aspetto: meno rumore all’interno, uso di materiali innovativi, controllo del rumore di ventilazione, migliorata qualità della diffusione musicale, rumori gradevoli delle porte e di altri accessori. Un recente ed eclatante esempio è rappresentato dall’attenzione prestata al design del gigantesco aereo europeo, l’Airbus® (fig. 7), che viene considerato il velivolo più confortevole mai costruito, anche dal punto di vista del comfort acustico.

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fig. 7 Interno dell’Airbus® A340, aereo europeo gigante per il trasporto dei passeggeri

Si è precedentemente menzionato che alcune delle caratteristiche psicoacustiche più rilevanti per la definizione del comfort acustico sono in relazione con le proprietà di direzionalità e spazialità del suono all’interno degli ambienti. Per questo motivo è importante che le misurazioni acustiche negli spazi esistenti, le simulazioni al calcolatore per il design di nuovi spazi o gli interventi di ottimizzazione tengano conto del carattere spaziale del suono e della sua propagazione. Le prime analisi degli ambienti furono condotte misurando solo la pressione acustica. Storicamente, infatti, sono stati sviluppati per primi i microfoni di pressione (già nell’Ottocento), ma il campo acustico è in realtà quadri-dimensionale: una componente per la pressione e tre componenti per la velocità delle particelle d’aria. Questo approccio completo per lo studio della propagazione del campo acustico negli ambienti – e pertanto della determinazione reale o virtuale dei parametri di comfort acustico – è possibile, oggi, anche grazie ai recenti sviluppi tecnologici nel campo dei microsistemi. Le sonde di ultima generazione, infatti (sviluppate a partire dagli anni ’90 del secolo scorso), consentono la misurazione simultanea, in un punto qualsiasi dello spazio, delle quattro componenti del campo acustico. Questo è possibile grazie a una tecnica che sfrutta le proprietà di raffreddamento differenziale di coppie di microfili controllate elettronicamente. Nella figura 8 possiamo osservare una fotografia con la più recente di queste sonde di ultima generazione.

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fig. 8 Titan by Microflown®, l’ultima sonda di nuova generazione per la misurazione simultanea delle quattro componenti del campo acustico: la pressione e le tre componenti della velocità delle particelle d’aria.

L’uso di queste nuove tecnologie per la caratterizzazione degli spazi acustici, l’avanzamento nelle conoscenze sul funzionamento del nostro sistema uditivo, lo sviluppo e la fabbricazione di nuovi materiali acustici per l’edilizia e anche, in un futuro prossimo, l’impiego di tecniche di controllo attivo della diffusione del suono, stanno aprendo la strada ad una rivoluzione nel campo del design abitativo. In questo contesto il comfort acustico sarà sicuramente l’oggetto di una grande e sempre più crescente attenzione.

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