“L’uomo è in un agitato oceano

di aria continuamente mosso

da disturbi chiamati onde sonore.

La gran parte delle nostre esperienze acustiche è involontaria,

ma la produzione di suoni gradevoli e utili è sempre stata un bisogno primario dell’uomo

da quando ha imparato a sorridere”.

Frederick Vinton Hunt,

Origini dell’acusica (1978)

La descrizione dei principi connessi alla generazione ed alla propagazione del suono è tanto complessa quanto semplice e naturale (istintiva) è la percezione e l’interpretazione degli stessi. L’ascolto di un suono è un’esperienza comune. Questa esperienza può risultare più o meno utile o piacevole in relazione alle condizioni in cui si trova l’ascoltatore. Tali condizioni possono essere di tipo oggettivo o soggettivo. Le condizioni oggettive dipendono essenzialmente da parametri fisici o ambientali legati al luogo in cui viene prodotto il suono (all’aperto o al chiuso), alla distanza che intercorre fra la sorgente sonora e l’ascoltatore, alla potenza sonora sviluppata dalla sorgente e, di conseguenza, al livello di pressione sonora percepito, alla tonalità e alla variazione nel tempo del suono prodotto. Le condizioni soggettive possono essere molto diverse e dipendono, in genere, da fattori fisiologici, psichici o culturali, come lo stato di salute, la propensione all’ascolto o l’attenzione, lo stato d’animo.

I suoni ci permettono di “interpretare” il mondo in cui ci troviamo. Il nostro apparato uditivo ci consente di valutare la distanza da una sorgente sonora attraverso l’intensità della percezione, così come la direzione di provenienza di un suono o la spazialità di un ambiente. Basta chiudere gli occhi ed affidarsi all’udito per provare ad immaginare l’ambiente in cui ci troviamo attraverso i suoni che percepiamo: possiamo stimare le distanze o intuire il volume di una stanza dal modo in cui raccogliamo, analizziamo e confrontiamo i suoni percepiti con quelli della nostra esperienza e della nostra memoria.

A proposito dell’importanza della mediazione culturale sull’interpretazione del fenomeno sonoro, è utile citare il pensiero del compositore e musicista contemporaneo Frank Zappa. “Quando qualcuno scrive un brano musicale, quello che mette per iscritto è più o meno l’equivalente di una ricetta, nel senso che la ricetta non è il cibo ma solo le istruzioni per la preparazione del cibo (…). Se scrivo qualcosa su un pezzo di carta, non posso realmente ascoltarlo. Potrò avere delle visioni di quello che i simboli sulla pagina stanno a significare e immaginarmi come può venire eseguito un certo brano musicale, ma pur sempre si tratta di una sensazione non trasferibile: non può essere condivisa o trasmessa. Sino al momento in cui la ricetta non viene trasformata in molecole d’aria agitate, la cosa non è, in termini correnti, un’esperienza musicale. La musica, quando viene eseguita, è un tipo di scultura. L’aria nello spazio della rappresentazione è scolpita dentro qualcosa: questa “scultura molecolare nel tempo” viene quindi osservata dalle orecchie degli ascoltatori o da un microfono. Il suono è un dato decodificato dall’orecchio. Le cose che creano suono sono cose in grado di creare delle perturbazioni. Tali perturbazioni modificano (scolpiscono) il materiale grezzo (l’aria statica della stanza, il suo modo di essere inerte prima che i musicisti inizino a suonare)”. Non solo la parola scritta o le note musicali, ma anche i suoni della natura ed i rumori prodotti dalle attività umane richiedono una contestualizzazione per essere correttamente interpretati e fruiti, che passa anche attraverso la mediazione dell’ambiente d’ascolto. Se non espressamente voluto e ricercato, l’ascolto della parola e della musica al di fuori del contesto in cui la nostra formazione culturale pone uno specifico evento di comunicazione può risultare sgradevole o fastidioso. Le immagini di un violinista che esegue un “capriccio” di Paganini nella sala macchine di una nave o di una funzione religiosa tenuta su un autobus in corsa sono dei paradossi e ci fanno sorridere, ma non dobbiamo dimenticare che il progresso tecnologico ci porta verso una sempre maggiore individualizzazione dell’esperienza d’ascolto, con la costante disponibilità di un gran numero di informazioni: ascoltiamo musica indifferentemente in auto, in ufficio, a casa, mentre facciamo sport oppure comunichiamo attraverso i telefoni cellulari, incuranti del contesto in cui ci troviamo. Allo stesso modo accettiamo l’esecuzione di un certo genere musicale o lo svolgimento di uno spettacolo teatrale in luoghi che non sono stati concepiti in origine per quella funzione, ma che, semplicemente, sono disponibili o hanno la necessaria capienza di pubblico. Si diffondono così sempre più i “luoghi impropri”, privi di qualità acustiche specifiche ancorché ricchi di immagine o di storia. Questo problema non è nuovo e proprio per questo bisogna prestare molta attenzione ai problemi dell’acustica architettonica. I luoghi per l’ascolto della parola e della musica, infatti, hanno subito nel corso dei secoli grandi trasformazioni, dettate prevalentemente da esigenze di carattere sociale, culturale, economico, politico o religioso più che di qualità acustica. Nell’antichità era nota l’analogia fra la propagazione del suono ed il moto delle onde che increspano la superficie dell’acqua, così come erano conosciute le capacità di alcuni materiali da costruzione di riflettere o assorbire il suono. Occorre tuttavia attendere l’inizio del secolo scorso, con la nascita dell’acustica architettonica come disciplina basata su consolidati principi fisici.

Prima di allora e della definizione dei fondamentali concetti di riverberazione del suono e di assorbimento acustico dei materiali, o dell’elaborazione delle relazioni che legano lapercezione del livello di pressione sonora alle modalità di propagazione e diffusione delle onde sonore, la progettazione acustica degli spazi architettonici si basava su intuizioni, applicazione di metodi e modelli empirici o imitazione di esperienze pregresse. Molto spesso la qualità acustica degli ambienti veniva sacrificata per esigenze estetiche o funzionali, oppure semplicemente trascurata. A noi sono giunti, attraverso i secoli, grandi esempi di architettura religiosa e civile, non tutti necessariamente dotati di un’ottima acustica. La qualità acustica di una sala può essere dunque definita come la sua adeguatezza per un certo tipo di rappresentazione sonora, in particolare per l’ascolto del parlato o di brani musicali.

La qualità acustica di un ambiente dipende principalmente: dalla sua geometria, dal tipo di materiali fonoassorbenti o riflettenti presenti e dalla loro disposizione rispetto alla sorgente sonora ed agli ascoltatori, dalla riverberazione del suono e dal livello totale del rumore di fondo o comunque estraneo o non funzionale alla rappresentazione. La progettazione acustica degli ambienti richiede, quindi, molta attenzione e strumenti adeguati. Si può assemblare un’automobile con un coltellino multiuso? Forse sì, ma non sappiamo come o quanto potrà funzionare. Allo stesso modo è possibile realizzare comunque una sala per l’ascolto della musica o della parola. Forse l’acustica sarà anche accettabile, ma sarà solo frutto del caso. Solo con un’accurata progettazione integrata, che tenga conto dei molteplici aspetti del problema e che utilizzi correttamente gli strumenti scientifici e tecnici a disposizione, sarà possibile avvicinarsi al risultato atteso.

In generale, per una corretta progettazione acustica di un ambiente è necessario stabilirne le dimensioni, la funzione e le modalità di utilizzo. Altrettanto importante è la conoscenza delle caratteristiche delle strutture edilizie che delimitano l’ambiente, sia dal punto di vista dell’isolamento acustico nei confronti dei rumori provenienti dall’esterno, sia per quanto riguarda le proprietà di fonoassorbimento delle superfici interne e degli arredi. La stessa disposizione dei materiali fonoassorbenti e delle superfici acusticamente riflettenti all’interno degli ambienti ha una notevole influenza sulla qualità acustica complessiva. Per quanto riguarda le dimensioni dell’ambiente, una sala può essere considerata acusticamente “piccola” se il suo volume è inferiore a circa 5.000 m3 e, in presenza di un campo sonoro diffuso, è possibile caratterizzare l’ambiente attraverso le relazioni che legano la riverberazione al rapporto tra il volume dell’ambiente e l’assorbimento acustico totale delle superfici che lo delimitano e degli oggetti che lo caratterizzano. Per dimensioni superiori è ancora possibile caratterizzare l’ambiente in maniera analoga, ma occorre prestare notevole attenzione a particolari fenomeni caratteristici degli ambienti di grande volume, quali l’assorbimento acustico dell’aria o il ritardo nella percezione del suono diretto, rispetto alle prime riflessioni. I parametri che definiscono la qualità acustica di un ambiente dipendono dalle sue funzioni e dalla destinazione d’uso. Questi differiscono in base alla distanza media che intercorre tra la sorgente e gli ascoltatori: si possono avere distanze medie e grandi nelle sale per conferenze, nei teatri, nelle sale da concerto, nelle chiese, nei cinema, nelle biblioteche, nelle aule scolastiche, nelle sale d’attesa, negli atri, nei palasport o nelle piscine; si hanno invece distanze piccole negli uffici, nei negozi, nei ristoranti, nelle biglietterie o negli ambienti ospedalieri. In relazione alla distanza sorgente-ricettore e al tipo di informazione che si intende trasmettere, è possibile ottimizzare le caratteristiche di assorbimento, riflessione o diffusione del suono nell’ambiente per favorire l’intelligibilità del parlato o la chiarezza della percezione musicale.

Il principale parametro per il controllo della qualità acustica di un ambiente è la riverberazione, intesa come la totalità del suono riflesso che è ancora presente in uno spazio confinato dopo che la sorgente sonora ha cessato di emettere. Il decadimento del livello di pressione del suono riverberato può essere quantitativamente descritto attraverso il “tempo di riverberazione”, che è inversamente proporzionale all’assorbimento acustico totale dell’ambiente. Esistono diverse relazioni che consentono di determinare il tempo di riverberazione ottimale per un ambiente in funzione del suo volume, della sua destinazione d’uso e, di conseguenza, della distanza media fra sorgente e ricettore. È evidente che in un ambiente multifunzionale deve necessariamente essere raggiunto un compromesso fra i differenti requisiti acustici e gli altri parametri funzionali, dando comunque la priorità alla funzione predominante, che condizionerà il risultato finale. Risulta quindi di fondamentale importanza, per la progettazione acustica ed architettonica di un ambiente per l’ascolto della musica o della parola, la conoscenza delle reali caratteristiche di assorbimento acustico dei materiali nelle effettive condizioni di impiego. Senza queste informazioni vengono a mancare gli elementi di base per la corretta valutazione dei principali parametri acustici e, di conseguenza, dell’efficacia degli interventi finalizzati al controllo della qualità acustica complessiva.

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